Friday, December 22, 2006

Fucking British Airways

Chi non fa buoni propositi per Natale?!
Bene, i miei sono andati a farsi bless quando ho saputo che il mio volo per London domani e' cancelled. Non c'e' bisogno che traduca per voi. Fucking British Airways! You cunts!
Domani gran bella giornata campale... Auguri di nuovo, TRANNE che alla British.

Auguri


Ciao lettori! Parto domani, spero di non restare bloccato a Heathrow per nebbia, come mio fratello martedì...
Vi ringrazio per l'attenzione, e mi scuso per il recente silenzio...ma avevo troppe feste a cui andare!

Vi auguro Buon Natale e già che ci sono Buon Anno Nuovo. Ci risentiamo appena rimetto piede in queste terre del nord. Spero di non mancarvi troppo...

La foto di Babbo natale in vacanza è appropriata, qui in erasmus mi sono stancato tantissimo. Ho studiato tutti i giorni, praticamente ho fatto solo quello...mi ci vuole una vacanza.

Ah, per chi ci ha creduto davvero metto in lun altro fantastico weekend in Scozia, questa volta nella ridente valle del whisky di Elgin! Non barate!
Ciao a tutti, cheers, och, Merry Christmas, see you soon, tanti baciuzzi!

Saturday, December 09, 2006

L'ultimo treno dei servizi


Come richiesto. Ciao Marco Daguanno, Ciccio Daguanno, Andrea Daguanno, Fulvio Daguanno... Cheers

Thursday, December 07, 2006

Stranezze britanniche


Una breve lista di curiosità locali, commentate per voi dal vostro inviato...

Toaster: il famoso tostapane di Paperino, che lancia le fette di pane tostato invece di lasciarle dove sono. Bellino, simpatico, fa ridere i bambini, ma a volte il lancio è troppo maschio, e bisogna evitare fette di pane incandescenti che roteano come lame per la cucina... Il nostro sistema non va bene? Anche perché le fette vanno prese con le mani, non ci sono le griglie estraibili come da noi, e nel tragitto toaster-piatto ci si lascia i polpastrelli...
Rubinetti: Celeberrimi! I due rubinetti con acqua calda e fredda (meglio, ustionante e gelida), senza miscelatore, piccoli, vicinissimi al bordo del lavandino, che ci può bagnare solo la punta delle dita. In alcuni flat qui l’aqua calda esce a quasi 80 gradi, vi potete immaginare lavare i piatti che spettacolo! Però ci si può fare il tè senza bollire l’acqua prima. Comodo, no? (Grazie a Dio, la doccia ha il miscelatore...)
Spine dell’elettricità: Come si sa, qui in UK hanno prese e spine diverse da noi. Sono tripolari, con barrette di metallo invece dei nostri cilindretti (foto del mostro). Hanno un trasformatore all’interno, così se succede qcs si rompe prima la presa dell’elettrodomestico. Volendo non è una cattiva idea. Il problema è che sembrano le spine dei Flintstones: grosse, antidiluviane, non ti ci vedi un prodotto tecnologico - che so, un iPod - funzionare con quei robi... Anche perché sono quattro volte più grosse. Altra cosa, le prese vanno accese, on-off. Perché? Che ti trovi come un cretino a dubitare di saper usare un tostapane solo perché non ti sei accorto di non aver acceso la presa...
Finestre: I Britannici non sono i più abili costruttori di case della storia. E va bene. Ma la stranezza sono le finestre che non si aprono fino alla fine. Non si aprono fino a 90 gradi, ma 60-70 gradi, e si finisce con il darci sempre dentro la schiena. In alcuni flat poi la finestre si aprono solo per metà, perché un lato è sigillato. Why?
Caloriferi: Più che una stranezza, è uno spudorata caccia al risparmio. il tubo che porta l’acqua calda al calorifero non è interno alla parete, ma a vista, così che regolare il calorifero è un puro pro forma. Il tubo è sempre ustionante. Con il simpatico fresco che fa in questi giorni direi che nessuno si lamenta. Ben peggio era a settembre con la camera secca come il Sahara e a 30 gradi. Se aggiungi che qui si dorme con il piumone e non con le lenzuola a strati come le cipolle, vi lascio immaginare il calduccio...
Boiler: Qui per far bollire l’acqua non si usa la pentola sul fuoco. No! Primitivo! Bisogna mettere l’acqua nel bollitore, un aggeggetto che consuma più elettricità di una centrale nucleare e che fa bollire l’acqua. Una pentola no?
Scarpe? No! Calze...: Appena si entra in un flat o una camera qui è abitudine togliersi le scarpe. In una camera direi che vabene, ma se lo si fa anche in biblioteca, beh, c’è qcs che non va. E’ normale veder gente andare in giro in calze in biblioteca, come in infradito con questo clima. E se gli chiedi se hanno freddo, rispondono tutti tristi di sì. Amen.
Questa è solo una piccola lista. Non ho voluto entrare in differenze più generali, che altrimenti non si finisce più. Un confronto fatto bene bene mi obbligherebbe ad annoiarvi con mille altri post. Sono stato tentato per un attimo, ma per vostra fortuna ho desistito... Cheers

Wednesday, December 06, 2006

E vi diro' di piu'...

E aggiungo un'altra cosa, tanto per sfidare i miei critici: il campus stimola le aziende a farsi pubblicita' offrendo prodotti, facendosi pubblicita' indiretta.
Non e' solo una questione di spazio, ein ogni caso il campus qui ad Aberdeen non e' in centro. A piedi sono 40 minuti dal centro. Il campus deve mirare a essere autosufficiente o quasi, anche se e' un po' fuori citta' fa niente. Sempre che i mezzi lo servano bene: noi qui abbiamo un autobus che ferma diretto davanti al nostro campus. In Italia non si fa, perche' altrimenti uno accusa l'altro di sfruttare il bene comune o roba del genere...
Non arrivo a dire che il campus sia un'istituzione costantemente con il bilancio in attivo, ma alla lunga per me le universita' di qui ci guadagnano. Altrimenti non mi spiego come possano fare certi investimenti. Il campus dovra' contribuire in qualche modo...
Ah, nostalgici che non siete altro!

Monday, December 04, 2006

Torno sui campus

La storia del campus merita un approfondimento.
Accolte le proteste, vorrei sottolineare un altro aspetto, non menzionato, forse meno interessante per noi, ma utile per l'universita'.
I campus danno una marea di soldi. Offrono molti servizi, che permettono all'universita' di incassare in settori che in Italia sono appannaggio di altre istituzioni. Tutto cio' e' solo utile: significa che ci sono piu' soldi per ricerca, assunzioni, stipendi, rinnovamento delle strutture universitarie...non fa schifo tutto cio', vero? O siamo ancora all'idea che lo stato debba finanziare a "fondo perso" gli atenei?
Vi faccio un breve esempio: l'Hub, qui all'universita' di Aberdeen, e' un nuovo polo per studenti aperto nel campus, finito quest'anno e costato 12 milioni di euro. Non spiccioli. Cosa offre? Negozio di libri usato gestito dagli studenti, cafeteria, postazioni computer (con pc NUOVI...), mensa con fast food, cucina italiana e orientale, sale studio, tra poco Subway, parrucchiere...insomma, cose utili, che danno lavoro agli studenti, arricchiscono l'universita', facilitano il rapporto con l'uni.
Penso siate d'accordo con me.
Al di la' del fatto che in un campus uno possa sentirsi piu' solo che in una universita' italiana - cosa contestabilissima: rispondendoa un critico, al nord la gente beve perche' ha tre-quattro ore di sole al giorno per molti mesi, non perche' e' sola... - tutti questi servizi per me sono solo un segno di progresso e organizzazione. Io ne vedo i frutti. Cheers

Friday, December 01, 2006

Campus life-style

Scusate di nuovo il silenzio, ma ho dovuto studiare...niososa incombenza in erasmus!!
Oggi vorrei proporre una riflessione sociologica di una profondità imbarazzante, quindi preparatevi. La domanda è semplice: perché non abbiamo i campus in Italia?
Non voglio cercare il perché non li abbiamo, ma sottolineare il perché dovremmo averli. Le università anglosassoni sono strutturate in modo da facilitare il più possibile la socializzazione, la convivenza, in particolare qui ad Aberdeen, che sembra essere l’università con la più alta percentuale di stranieri in tutto il Regno Unito. Già detto così, non suona male.
Immaginatevi 1600 ragazzi tra i 17-18 e i 23-24 anni, che vivono ad al massimo 300 metri gli uni dagli altri, in appartamenti da 5-6 persone, con un pub e una sala da biliardo offerte dall’uni nell’edificio centrale. Continuate a immaginare: immaginate di avere sempre casa libera; di poter ospitare chi volete qundo e come volete; di poter andare andare a trovare qcn senza preavviso sicuri di non disturbare; di poter bussare a un flat a caso se vedi una tipa carina alla finestra e cercare di farsi aprire; di dover fare pochi passi e di trovare quasi tutte le persone che conosci in giro; di doversi fermare a salutare qcn ogni volta che metti il naso fuori di casa; di poter fare feste quando si vuole, visto che non ci sono praticamente regole per il rumore di notte; insomma, di vivere in un mondo a parte, una mini-città solo di giovani...
State immaginando? Bene, questo è il campus, e non esagero. Perché noi non ce l’abbiamo?
Non è giusto che i giovani in Italia siano costantemente e sistematicamente privati di una opportunità simile. Protestiamo! (Visto che si protesterebbe contro tutti, non vado contro il mio rifiuto di temi politici in questo blog.) Voglio i campus anche in Italia!
Anche per meri motivi pratici: come fa un povero erasmus in Italia a capire l’uni, conoscere gente, insomma ad ambientarsi senza una struttura intorno? Povero lui. Qua mi sono sentito a casa dopo due settimane...
Ma veniamo al punto speculativamente più interessante: il campus forma i giovani. Li obbliga a vivere quattro anni fuori casa, a cucinare da soli, a lavarsi i panni, a farsi la spesa. Il campus forma giovani che hanno conosciuto più gente, quindi sono cresciuti di più, hanno subito meno l’influsso dei genitori - e quindi li odiano di meno :-) -, hanno fatto molto più sesso, per il semplice fatto di avere casa libera sempre. Penso che una generazione uscita dai campus sia meglio dei nostri mammoni che fino a trent’anni sono costretti - una costrizione che diventa scelta per molti - a vivere in casa, trentenni incapaci di badare a se stessi, perché mai hanno dovuto farlo. Trentenni che continuano a fare i ventenni perché se hai sempre il papi tra i piedi non capisci che hai finito il liceo, e che vale la pena crescere un po’. Trentenni che se gli chiedi quanto costa il fumo sono espertissimi, ma se gli chiedi a che temperatura lavare le camicie ti guardano con occhi da pesce bollito. Riconoscete il tipo?Il campus va provato, almeno una volta nella vita. Non sapevo cosa mi stavo perdendo. Rimediamo subito, voglio i campus anche in Italia!

Friday, November 24, 2006

Sole di mezzanotte?... Buio di mezzogiorno!


Ho scattato questa foto oggi alle 12.01. Spero si veda chiaramente il sole, che vista l'ora, era al suo zenith... Bassino sull'orizzonte, direi.
La luce qui è bellissima: chiara, limpida, rende tutti colori più metallici, per così dire, più freddi. I tramonti sono stupendi. In genere le nuvole all'orizzonte non ci sono, così il sole rispunta prima di tramontare, e l'effetto ve lo lascio immaginare...
Alle quattro del pomeriggio, se il cielo è limpido, si vedono già le stelle! Bello, per carità, solo un po' depressing, come un mio flatmate ha sentenziato. Se per caso (per puro caso! Giuro che non è MAI successo!) uno si sveglia tardi, perché la sera prima ha avuto delle "piacevoli attività di socializzazione forzata" - altra definizione di erasmus -, beh, capace che vede il sole per due ore...
Chissà poi perché i popoli del nord si suicidano di più, ascoltano metal, sono pagani, adorano gli spiriti dei boschi, si nutrono di carne cruda, si vestono di pelli, si cospargono di grasso per proteggersi dal freddo...
Mi fermo qui.

Freddie


Ciao Freddie!

Monday, November 20, 2006

Scusatemapropriononcelafaccio!

Scusatemapropriononcelafaccioastarezitto!!
Rompo per una volta la normale routine del mio blog per un commento che non c'entra un cacchio, ma ne va dell'orgoglio nazionale. E qui vedo stranieri tutti i giorni.
Bene, non si scopre mica che Zidane ha una relazione extraconiugale? Beh, fattacci suoi, vero?
E invece no! E' successa una cosa che amo: il castigatore dei costumi castigato. Mi spiego: Materazzi non puo' dire che sua sorella (di Zidane) e' una poco di buono che quello si offende, deve difendere l'"onore" della famiglia, sangue del mio sangue, legami tribali, uomo d'onore, eroe indomito contro il mostro italico senza dio ne' fede... Ebbene, cosa succede al nostro novello Catone? Che tradisce sua moglie con una cantante algerina, sua moglie con tre o quattro figli (non ricordo esattamente).

Caro Zidane non e' forse peggio quello che hai fatto tu? E nessuno ti ha preso a testate (qui in Scozia la testata la chiamano "Glasgow kiss"...gente tranquilla a Glasgow).
E allora non fare lo stronzo con noi, pensa ai fattacci tuoi, non pararti il culo con falsi pudori: hai fatto una cretinata con Materazzi, accettalo e basta.
Tu pirla, Francesi pecoroni. La vendetta si gusta fredda...
Cheers

Sunday, November 19, 2006

Campagna contro il fumo


No no, non ho partecipato a una campagna contro il fumo del governo inglese! Questa era la mia maschera di Halloween. Visto che Natale sta arrivando, abbiamo pensato di unire le due ricorrenze...un attimo sacrilego, ma efficace direi.
Scusate il silenzio in questi giorni, ma sto studiando! Incredibile, anche in erasmus si studia... A risentirci. Se non faccio nulla di interessante non sto a straziarvi con elucubrazioni sul nulla, no? Cosa volete, una deriva simil-esistenzialista per il mio post?

Intanto, visto che scarseggio in foto, vi mando i link delle gallerie fotografiche di alcuni amici di qui. Io, come ho già avuto modo di dire a Versus, non giro tutto il giorno con la macchina fotografica come un giapponese scemo, quindi non ho molte foto. Me le faccio dare da altri. Va bene lo steso. Ecco i link:

http://picasaweb.google.com/f.fiorentin
http://picasaweb.google.com/diego.pizzocaro

Per altre foto, consiglio il blog di Giorgio che ho linkato da mio.
Spero che non abbiano messo nulla di compromettente per me...non ho visto tutte le loro foto, e non ricordo tutto quello che ho fatto! In ogni caso, aspetto commenti a riguardo (spero non arrivino, ma li aspetto lo stesso).
Cheers

Monday, November 13, 2006

Sunday bloody sunday (league)


Partecipo a uno dei tanti tornei di calcio che gli studenti hanno organizzato in università. Si chiama Sunday league. Nulla di ufficiale, non ci sono iscrizioni, o divise, ma si gioca con l’arbitro, e c’è una classifica generale.
Nella foto vedete più o meno il campo dove giochiamo. In fondo, oltre i palazzi, ci sono dei campi da calcio quasi regolari ricavati in mezzo a un più grande campo da golf. Il tutto circondato da un vasto prato, in riva al mare. Caspita! Sembra tutto molto bello!
In effetti lo è, non fraintendetemi: a Milano dove trovi campi da calcio (e soprattutto da golf) tenuti benissimo e gratis? Sarebbe un posto perfetto se lo si spostasse in regioni con climi meno ostili alla vita... In riva a mare del nord, non è difficile pensarci, fa sempre un freddo tremendo, che diminuisce di molto appena ci si allontana dalla spiaggia, perché c’è molto meno vento.
I nostri eroi (e io tra quelli) si trovano così a giocare in una ghiacciaia a cielo aperto... Io ero l’unico dei 22 in campo con i pantaloni lunghi; io e uno spagnolo che giocava nella mia squadra eravamo gli unici ad avere freddo... Pare che gli scozzesi siano immuni. Questa gente fa in inverno cose che noi non ci sognamo di fare neanche in primavera. Qui e’ normalissimo vedere gente in giro in questi giorni (siamo sui 4-5 gradi, se non c’è vebto, cioè molto raramente) solo con la felpa. Qualche folle in ciabatte! Ebbene sì, lo giuro: chi è stato tra i popoli del nord sa di cosa parlo.
Vorrei potervi proporre una foto, ma mi fa strano fermare uno e dirgli: “Posso farti una foto? Lo sai che vestito così d’inverno in Italia saresti un’attrazione circense?”
In più, la mia squadra fa veramente schifo. O meglio, siamo di sicuro le più pippe del nostro torneo. Buoni elementi ci sono (io, ovviamente, mi escludo. Chi mi ha visto giocare sa perché), ma non ci alleniamo mai, quindi abbiamo una forma fisica da dopolavoro, non possiamo competere con chi si allena tre-quattro volte a settimana. Così la nostra cavalcata trionfale finora: 8-2, 12-0, 8-0, 2-0. Tutte sconfitte, ovviamente... Io ho giocato solo le ultime due, e potete notare un netto miglioramento grazie a me!
Facciamo pena. Cmq, siamo anche noti per essere l’hung-over team, con un termine un po’ intraducibile, “quelli del dopo sbronza”. Giocare all’una della domenica non è ideale se si vuole uscire il sabato. Tre partite fa il portiere titolare ha dormito metà partita a bordo campo perhcé era, diciamo così, “assonnato”; due partite fa un mio flatmate che gioca con me ha sboccato durante il secondo tempo, “ovviamente” per colpa del freddo, non di quello che aveva bevuto, salvo poi tornare in campo. Chapeau! Potete capire che se la vita notturna pre partita è intensa, i risultati sul campo son quello che sono.Hung-over, campo infangatissimo (questa settimana stranamente 4 giorni di bel tempo di fila, con l’eccezione di...indovinate? Domenica!), freddo polare (a metà del secondo tempo, ieri, ho dovuto riallacciarmi le scarpe: bene, non riuscivo quasi a muovere le dita dal freddo), l’agonismo degli scozzesi, che in campo sembrano un po’ tutti figli di p... figli di Braveheart, volevo dire Braveheart: davvero una “Sunday bloody Sunday” (League).

Tuesday, November 07, 2006

Molti post, una soluzione...

Scusate la proliferazione di post uguali, non dovuta all'alcol! :-)
L'Hot Spot era incasinato, cosi' non sapevo di aver gia' caricato il post.
Cheers

Edinburgh: part 4


E’ arrivato il momento di sciogliere l’arcano, che tanta gente ha tenuto in sospeso... Grazie a chi ha partecipato. Ma prima, un breve resoconto dello “Scotch Whisky Heritage Found”, dove ho trovato la suddetta economicissima bottiglia.
La sede del fondo nazionale (di nuovo “nazionale”. Non voglio aprire una polemica con il popolo scozzese. In effetti però, il whisky è roba solo loro, almeno in questo “nazionale” ci può stare) del whisky si trova in pieno centro, all’inizio, partendo dal castello, del Roya Mile, come già detto, la via principale della vecchia Edinburgh, e di sicuro la più famosa.
Onestamente pensavamo di visitare una distilleria: appena entrati ci siamo subito resi conto di visitare una commercialata “ad usum turistorum”. I punti principali dell’edificio erano il bar, con più di 300 tipi di whisky, e il negozio, con altrettanti, costosissimi, whisky. Ed è lì che trovo quel capolavoro di moderazione economica che è la protagonista del nostro quiz.
Il tour guidato (per soli 7 pound! Un vero affare...) di un’ora è stato abbastanza triste. Hanno proiettato dei video esplicativi, e io mi immaginavo che saltasse fuori Troy McLure con il suo: “Salve sono Troy McLure, forse vi ricorderete di me per...” all’inizio di ogni video... Cmq il posto era ben organizzato, con il tipico atteggiamento che si trova fuori dall’Italia: appena all’estero c’è qcs di anche minimo interesse, subito bisogna costruirci intorno un museo, un tour guidato, farci dei libri... Pensate se, per esempio, tutte le nostre anticaglie fossero negli USA! Quelli hanno fatto museo anche la casa dove ha riposato un caldo pomeriggio del 1861 Lincoln, figuriamoci se avessero Roma da gestire!
Chicca finale, direi, il tour stile Gardaland, seduti in un trenino a forma di barile, attraverso la storia del whisky, dalla prima distillazione ufficiale, intorno al 1490, fino ad oggi. Tra la stanchezza per una lunga giornata in giro e l’assurdità della visita guidata, confesso che non ho ascoltato il nastro dell’ultima spiegazione. Mi pento tantissimo e mi scuso.:-)
Ho cmq imparato un sacco di cose molto utili nella vita di un uomo: tipo che esiste anche il whisky di grano; che l’80% del whisky scozzese viene dalla regione di Elgin, nord-ovest di Aberdeen, perché hanno l’acqua migliore; so le differenze tra un whisky delle Highlands e uno delle Lowlands; so che un whisky “blended”, cioè un misto di diverse qualità, al contraro dei nostri vini prodotti così (correggetemi se sbaglio!), è di gran pregio. Utile, no?

Dulcis in fundo, la soluzione: la bottiglia, ladies and gentlemen, era un Balvenie, Cask 191 del 1952, prodotto in sole 83 bottiglie, per la modica cifra di 6000 pound, circa 9000 euro. Non male davvero! Ho preseo tre bottiglie, mi son detto: “Ne vale la pena, quando tornerai a Edinburgh?!” Spero che sia buono! Non è il più costoso mai imbottigliato, ma è il più costoso presente nel negozio dell’Heritage Found.Non ha vinto nessuno (era difficile, lo ammetto). Mi scuso con Versus per averlo messo sulla cattiva strada dicendogli che “McCallan” era giusto: lapsus.

Friday, November 03, 2006

Edinburgh: part 3


Vedo con piacere che il mio quiz a premi ha ttirato l’attenzione di qualche allegro bevitore...:-) Non so se è il premio in palio (il weekend a Edinburgh), o una naturale attenzione per tutto ciò che è alcolico. Cmq a breve la soluzione del mistero, con tanto di foto come prova. Intanto, continuate a provare. Per info su come partecipare leggasi il post precedente.
Continuamo il nostro viaggetto a Edinburgh. Dopo una panoramica, qualche dettaglio su alcune cose che ho visto che meritano attenzione.
National Art Gallery: Beh, senza offesa per i locali, ma “national” mi sembra un attimo eccessivo. “National” va bene solo perché si trova in Scozia, perché praticamente tutti i pezzi migliori erano stranieri. E non c’è da meravigliarsi! Di mio non impazzisco per le pinacoteche, e loro non impazziscono per me: tutte le volte che ci entro sia io sia loro ci chiediamo che cacchio ci faccio lì. Superata questa iniziale reciproca diffidenza, guardandomi in giro notavo con piacere che c’è un sacco di roba italiana, anche nota (anche a me!), tipo Tiziano, Raffaello, e altri mille tizi del Rinascimento. Periodo strano, quello: come ad Atene nel V secolo sembra che tutti fossero filosofi, così nel Rinascimento italiano sembra che ci fossero solo pittori e scrittori: ma chi lavorava davvero??
Un po’ di aria di casa c’era: continuavo a ripetermi, non senza immotivato orgoglio: “Quello è italiano. Anche quello. E quello. E quello ancora. Ma dai? Anche quello. Toh, un altro...” E così via. Chi mi vedeva poteva pensare che li avessi dipinti io, tanto mostravo familiarità con la nostra “esportazione di lusso”!
Castello: non ci siamo entrati. 10 pound! Ma siamo impazziti?! Poco male, tanto dentro informatori attendibili ci hanno detto che non c’è quasi nulla. Da fuori è bello, troneggia sulla piùalta collina della città. Non è un castello propriamente medievale, ha subito molti rifacimenti. Direi che assomiglia più a un castello cinquecentesco che a una rocca militare. La zona che lo circonda è tra le più vecchie di Edinburgh, compreso l’inizio del Royal Mile. Cmq, come tradizione qui, non si sa mai datare un palazzo con esattezza a prima vista, poiché sembra che abbiano costruito tutto da sempre nello stesso stile. Un evergreen, un po’ come il gentiluomo inglese...
National Museum of Scotland: un consiglio: per evitare discussioni inutili qui in Scozia, mai chiedere perché tutto quello che è “scozzese” deve essere per forza “national”, quando sanno benissimo anche loro che non sono una “nation”. A loro piacerebbe, alla Regina Elisabetta forse meno.
Il museo è davvero bello, ricco di roba, tenuto molto bene, si vede che ci hanno speso molti soldi - a occhio direi il contrario che in Italia dove abbiamo molte più cose ma molti meno soldi. Ovviamente la parte più interessante era la sezione dedicata alla storia basso-medievale scozzese, con reperti risalenti alla fine del XIII-inizio XIV secolo (l’età di William Wallace e Robert I Bruce, il re che ha dato alla “nazione” scozzese l’indipendenza per molti anni). Tra spade, scudi, highlander claymore (la bellissima spada due mani tipica scozzese), armature, mi sentivo sul set di Braveheart. Mi ha particolarmente colpito una coppa in oro, che sembra sia stata fatta apposta per celebrare la vittoria decisiva di Robert Bruce contro gli inglesi. Bellina anche la ricostruzione dei primi motori a vapore, fatti da J. Watt, scozzese (poverini, dopo tutto questi scozzesi, per i pochi che sono, di gente famosa ne hanno da vendere!).
Molto bella la terrazza panoramica sul tetto, da cui ho scattato la foto che vedete.
Il tempo per visite dedicate non era molto, il resto l’ho visto di sfuggita, quindi può rientrare nell’atmosfera del post precedente. Dedicherò invece l’ultimo capitolo allo Scotch Whisky Heritage Found, con ampio spazio per il nostro fantastico quiz!Una nota a margine merita la statua di un cane, vicino auno dei principali cimiteri cittadini: questa statua è molto famosa negli USA, dove tutti quelli che vanno a Edinburgh sono convinti che la stora che quel cagnolino sia morto di fame sula tomba del proprio padrone (roba che oltreoceano fa impazzire...) sia assolutamente vera. Craig, il mio flatmate di Edinburgh mi ha giurato che è falsa. L’avessero fatto a Napoli, sai che grida alla truffa?! Qui invece è folklore...

Wednesday, November 01, 2006

Edinburgh: part 2


Dove eravamo? Eravamo che ero appena arrivato in città. Continuiamo da lì.
Dunque, superati il bus, lo stile di guida dell’autista, la sonnolenza post festa, arriviamo a Edinburgh. I due gruppetti in cui ci eravamo divisi non faticano a ricongiungersi, punto di incontro il “piccolissimo” monumento a Walter Scott. Domanda che è sorta spontanea agli italiani lì presenti: va bene, Scott non è il primo pirla che passa per strada; va bene che gli scozzesi sono un attimino nazionalistici; ma scusate, noi a Dante che monumento dovremmo fare? Alto come la Tour Eiffel, largo come Piazza San Pietro!?
Il primo impatto con la città è davvero bello. Lo stile è quello tipico scozzese, palazzi grigi, signorili, una città che cambia davvero faccia in base al cielo: quando è nuvoloso (spesso...) il cielo grigio si unisce indistintamente al grigio della città, quasi a segnare simbolicamente un legame tra gli scozzesi e la loro terra che loro sentono davvero molto. Quando splende il sole (poco spesso...) la città assume contorni più definiti, profondità, colore, e vive come una vita diversa, breve, rispetto a prima.
A Edinburgh ho incontrato una giornata che più scozzese non si poteva. Pioggia e sole si alternavano ogni venti minuti, giusto il tempo di aprire e chiudere l’ombrello, tanto che dopo un po’ si smette di usarlo, dicendosi: “Tanto dura poco...” - e quella è la volta che ci si bagna...
Il centro città è strutturato su due viali paralleli, Princess Street e The Royal Mile, probabilmente la via più famosa di Edinburgh, che porta fino al castello sula collina. La città offre molti scenari diversi, poiché è affacciata su due lati sul mare e riposa su alcune colline, che rendono difficile coprire con un solo sguardo la città, essendoci sempre angoli nascosti.
Princess Street è l’arteria commerciale principale, mentre il centro turistico è The Royal Mile, dove si può trovare un tizio che fa il suo show vestito da William Wallace, un negozio di “vere” spade d’epoca, una finta distilleria (ci sono stato, ve ne parlerò...), una fila di chiese trasformate in pub (pare incredibile, ma non ho trovato una sola chiesa adibita a chiesa in tutta la città! Interessante...), giapponesi che si comprano kilt a manetta, e poi si fotografano con il kilt addosso.
Come ogni città ricca e turistica, gli scozzesi la definiscono “posh”, che da noi vale un buon “fichetta”. Per esempio pare che sia una moda negli USA, in questi anni, fare l’uni in Scozia, perché fa terribilmente “europeo”, e avere una casa a Edinburgh: i nativi si lamentano quindi del costo della vita altissimo (e se è alto per un inglese, figuriamoci per noi!), e dell’orda di vecchietti che imperversano (molto lentamente e con il bastone...) per le vie della città.Penso che basti come descrizione generale. Per chi vorrà seguirci, le prossime puntate offriranno uno sguardo più accurato su alcuni valori artistici della città, anedottica (con una o due ‘d’?), che non guasta mai, e, voglio rovinarmi, un weekend per due a Edinburgh per il primo che risponde alla seguente domanda: “Quali sono il prezzo, la marca e l’invecchiamento della bottiglia di Whisky più costosa presente allo Scottish Whisky Heritage Found?” Rispondete numerosi!
P.S.: Mi scuso per l'assenza di foto. Provvederò quando l'Hot Spot sarà meno affollato (di perdigiorno...).

Sunday, October 29, 2006

Edinburgh: part 1


Sono stato a Edinburgh sabato 28 ottobre. Era ora che mi muovessi un po’ da Aberdeen, che, va bene tutto, ma è davvero un po’ clastrofobica.
Così si è deciso e si è partiti. Sarò costretto a fare alcuni post, uno non basta; sarebbe stato troppo lungo, e non l’avreste letto tutto...
Un po’ di prepartenza, giusto per cominciare. A inizio di settimana i compagni di appartamento di Giorgio, un amico italiano con cui sto condividendo queto eramus, prendono due gravi decisioni. festa nel flat il venerdì sera, E trip a Edinburgh il sabato. La contraddizione è sembrata palese a tutti, ma non si poteva fare altrimenti. (Nota linguistica: posta una indecisione di fondo degli anglosassoni su come pronunciare alcune parole, “Edinburgh” - borgo Efin - si pronuncia, più o meno, “Edinbra”. Open question sulla posizione dell’accento, se ‘Edínbra’ o ‘Édinbra’, ma queste sono quisquilie... Io propendo per la seconda.)
La festa in semi-maschera, una sorta di anticipo di Halloween, che cade martedì 30, è infatti finita a orari iproponibili per chi dve fare un trip mordi e fuggi in giornata. Alle due si era ancora tutti in piedi a fare i fighi, incuranti dell’orario. Verso le 2.30 ci siamo indirizzati verso casa, pronti a un bel sonno ristoratore di meno di tre ore...
Appena entro nel mio flat saluto Craig, un mio coinquilino di Edinburgh, e per dovere di cronaca gli dico che sabato avei visto la sua città. Non l’avessi mai fatto! Questo mi prende carta e penna e comincia a spiegarmi tutto del centro storico, dove andare, cosa fare, dove mangiare...fino alle tre passate. Per carità, gentilissimo come sempre, ma mi sarei evitato volentieri uno spiegone a quell’ora!
Sveglia alle 4.50, ore 6.30 davanti al nostro Central Bulding tutti tonici. Ovviamente glia utobus non vannoa ncora, così ci tocca 40 min di marcia fino in centro, che a quell’ora è solo salutare... Di fatto non un afterhour, ma più o meno sì: ho dormito talmente poco che non sono enanche entrato in fase REM, quindi una volta giù dal letto ero relativamente a posto.
Il gruppo era composto da me - ovviamente -, Giorgio, Daniele, Joe, un americano che è tutto un programma, Dave, questi ultimi flatmates di Giorgio, un altro americano e due americane, Leela (spero si scriva così, ma lei me lo perdonerà di sicuro...) e una di cui tuttora ignoro il nome. Conoscevo da prima solo i due italiani e Joe e Dave, ma il gruppetto è andato d’accordo da subito, complice anche l’assurdità del programma della giornata, che ci ha uniti di più... Altri due italiani sono venuti con noi, ma hanno fatto praticamente una visita a parte.
Bus da prendere alle 7.45, con metà di noi che non aveva il biglietto per il megabus, una sorta di Ryanair dei pullman. Così ci si divide da subito... Poco male, ci siamo ritrovati a Edinburgh, chi arrivato in pullman, chi in treno.
I bus drivers scozzesi meritano una menzione: riconosco che ognuno è spaventato da come si guida in un altro paese, mentre gli vanno benissimo gli orrori stradlai del proprio paese. Cmq Nedris, il nostro autista, così soprannominato per una buffa somiglianza con il programmatore traditore di Jurassic Park, guidava questo pullman a due piani con la scioltezza di una utilitaria, ingaggiando a volte duelli con altri automobilisti, quasi fosse un’offesa esser superato, anche alla guida di un bus...
Bene, il cap. 1 lo interrompo qui. Spero di non dover arrivae al cap. 37... Cercherò di contenermi un po’. Aspettate prox news sulla città. Adesso vi anticipo solo che è gran bella!(La foto è del pullman dell’andata. La scarsa luce è dovuta all’ora assurda in cui siamo partiti)

I ragazzi di Seaton Park


Un po’ di folklore locale. Il campus delle nostre residenze è vicinissimo a Seaton Park, il secondo parco più grande di Aberdeen, che si estende tra il fiume Don, sulla sua sinistra, e le nostre residenze, a nord, e Old Aberdeen, la sede dell’università, a sud. Come potete vedere dlla foto, si tratta di un aprco comunale davvero ben tenuto, con aiuole curate e ripiantate regolarmente, giardinieri che tagliano l’erba con le forbici per farla tutta alta uguale (!!), un parco giochi per bambini, un vasto terreno in cui giochiamo a calcio il venerdì.
Tutto normale...almeno di giorno. Una delle prime cose che ci hanno detto appena arrivati è stata: “Avoid Seaton Park at night”, il che non poteva che acuire la nostra curiosità. Ci è stato detto nelle brochure ufficiali dell’università, dalla donna delle pulizie (Mary, the house cleaner!, see previous post), insomma, troppo per non incuriosirci.
E infatti dopo brevi ricerche si viene a sapere che Seaton Park ha la fama di essere un covo di, diciamo così, “apprezzatori non graditi di uomini”, più semplicemente, in inglese, “rapists”. Penso abbiate capito. Si dice che degli studenti - maschi, preciso -, anni fa, siano stati violentati, e da quel momento Seaton Park è una specie di Dr Jekyll, che si trasforma in Mr Hyde durante la notte.
Ogni posto ha la sua storia truce, e questa è la nostra. Ovviamente, prove non ce ne sono, sono solo voci, ma tanto basta per far crescere il mito. Noi appena possiamo, o dobbiamo, tipo la sera tardi quando dobbiamo tornare alle residenze e gli autobus sono già sospesi, cerchiamo di passare per Seaton. E’ il brividino quotidiano che non guasta mai. Non devo neanche dirvi che fiora non ci è successo nulla. “Quello” grazie a Dio no (...), ma proprio nulla, neanche unaminima cosa, dico, un rabbit che ci attraversa la strada la buio e ci spaventa. Sembra che di notte si proprio un posticino tranquillo!
Il problema è che è davvero molto buio, non essendoci illuminazione artificiale. Non so perché. In particolare quando non c’è la luna in cielo è ancora più buio. Ci pare onestamente troppo consultare il calendario lunare prima di decidere se attraversare il parco o no (attraversamento che, tra l’altro, riduce di molto la strada per casa), così la notte con il cellulare acceso per far luce sembriamo tutti tanti Frodo con la luce elfica nella tana di Shelob. (Chi ha colto la citazione ha il mio plauso. Chi no deve vedersi tutti i film de “Il signore degli Anelli”, inclusa la lettura del libro! Sorry...).
Vi risparmio le amenità, alcune di cattivo gusto, con cui condiamo i nostri attraversamenti. Siamo giovani, in fondo, no? :-p Il fatto è che però vorremmo contattare Alberto Angela per un servizio sulle comunità di “ragazzi di Seaton Park” che vivono nascoste nel folto degli alberi, muovendosi in branco, saltando agilmente di ramo in ramo, emettendo buffi suoni gutturali...in attesa dell’ignaro studente...
Un solo dubbio, posto che si tratta di ironia un po’ macabra (me ne scuso con i lettori più sensibili): bisogna essere davvero malati, più di quanto lo si possa essere normalmente per voler fare una cosa del genere, per voler violentare qcn all’aperto con il clima scozzese.P.S.: Per chi non ha di meglio da fare, consiglio una ricerca in internet su possibili episodi avvenuti a Seaton Park. Nel caso scopriste qcs - la nostra ricerca è stata per fortuna vana -, fatemi sapere...che magari evito di ripassarci!

Wednesday, October 25, 2006

Tuesday doughnuts!


Qui a Hillhead (il nome della collinetta su cui sorgono le nostre residenze) c’è la simpatica tradizione delle ciambelle al martedì, presso il Central Building. Per essere onesti più che ciambelle sembrano bomboloni, perché di buchi per ora non ne abbiamo visti.
Cmq, alle 7.30-7.40 arriva il nostro carico di doughnuts, gentilmente offertoci da una locale comunità religiosa (non so quale e mi sa che neanche mi interessa!), che penso speri di “comprarci” a suon di dolcetti. Non penso che abbia aumentato gli iscritti grazie a questa - comunque apprezzata - trovata.
I doughnuts sono ripieni di marmellata. E allora? E allora sono più pesanti di quelli lisci, o di quelli con la cremina, quindi ci si deve fermare alla modica quantità di 5, almeno io, anche se ho visto arrivare a 8. Buoni, ma dopo un po’ diventano nauseanti.
Il primo martedì, ormai più di un mese fa, ci avevano portato ben due scatoloni di doughnuts (sì, scatoloni: dovete sapere che queste ciambelle ci vengono portate dentro uno scatolone di cartone, che non so per cosa sia stato usato prima. Di sicuro dopo è inutile per tutto, visto l’unto di cui è impregnato); con il passare del tempo la quantità è scemata. Ieri mezzo scatolone: per un attimo ci è venuto un colpo, quando abbiamo visto portare solo tre piccole confezioni di doughnuts...poi è arrivato il resto, per fortuna!
Eh sì, perché dovete sapere che una simile offerta a ragazzi della nostra età (ma penso non solo) scatena dei comportamenti degni dell’attenzione dei più fini antropologi. Spero di condurre una ricerca fenomenologicamente accurata. Dunque: verso le 7.15 la gente inizia ad ammassarsi, prima con calma, poi sempre più rumorosamente. Si chiacchiera del più e del meno, si fa finta di chiacchierare, si cerca disperatamente qcn che si conosce anche solo di vista per scambiarci due parole e non far vedere che si è lì SOLO per i doughnuts... Verso le 7.30, primi segni di impazienza: vengono avvertite grida soffocate, svenimenti, mentre occhiate sempre più insistenti vengono indirizzate alla porta, in attesa del sempre in ritardo messo della chiesa. 7.40, minuto più minuto meno: arrivano le ciambelle, che trovano la fila di studenti già pronta, poiché c’è chi è rimasto in piedi da un po’ pur di essere il primo. Il messo della chiesa fa appena in tempo a spostarsi per non essere travolto: le chiacchiere di prima si interrompono di colpo (segno che tutti stavano dicendosi cose importantissime), e comincia l’assalto. E qui la gente dà il meglio di sé: gentili e filiformi ragazze che si lanciano sulle ciambelle con piccole grida di impazienza mista a timore di non mangiarne almeno 4; anonimi figuri che sfruttando abilità da vero ladro sgusciano tra le persone e si onustano di ciambelle (sì, “onustano”...spero sia italiano, di sicuro è bellissimo); altri figuri, dotati di un minimo di pudore, che cercano di nascondere il prezioso carico da occhi indiscreti; esseri privi di pudore, invece, che vengono con i contenitori da frigo da casa da riempire; altri, come me, :-), che affettano nonchalance, come dire: “Ma sì, sono qui, ma è un caso, potrei benissimo essere altrove...”
Mamma mia, basta dare qualcosina di anche vagamente buono e gratis insieme, che non si sa mai dove si fa a finire. Qui se non si vede una persona da un po’ basta aspettarla il martedì all’ora-doughnuts, stai sicuro che si fa vedere...(Ah, mi scuso per il lungo silenzio, ma avevo troppi doughnuts da mangiare...)

Manoscritto del '500


Ieri mattina ero bello tonico, temprato dal fresco clima scozzese, e ho deciso di fare un salto alla Historic Library, per visionare un manoscritto a caso nella lista che ho compilato. Questi manoscritti dovrebbero (condizionale d’obbligo!) essere utili somehow per la mia tesi.
Bene, arrivo, l’edificio è molto bellino, tenuto bene, tutto nuovo, tranne la segretaria - perdonatemi il mot d’esprit... - che deve avere più o meno l’età di alcuni dei manoscritti cui fa da cerbero. Entro nel suo studiolo, e già non mi presento bene. la porta è di quelle scorrevoli, e io cerco di aprirla come una porta normale. Immaginatevi lo sguardo di questa vecchina inglese, che mi fissa di sotto le sopracciglia armeggiare con la sua porta, prima di indicarmi dopo una inopportuna pausa teatrale una freccia enorme che indica di far scorrere la porta, non spingerla. Cominciamo bene! Entro, come se niente fosse, anche se ormai ho guadagnato la sua diffidenza.
Mi presento, spiego il perché della mia visita, e chiedo di poter visionare un manoscritto. Al che cerberus mi fa: “Eh, ne abbiano tanti...”, sì, d’accordo, ma io, gentile autoctono, avrei anche gli estremi di quello che mi interessa, mica vengo qui per turismo...
Chiedo un manoscritto in particolare (per la cronaca: MS 109, Gisbert de Buscoducis, del 1467), compilo un modulo, e attendo. Lei non sembra tanto convinta della mia statura accademica, la storia della porta penso abbia lasciato dei segni. Però non può fare a meno di “esaudire la mia richiesta”, così mi arriva questo tomo allucinante. Prima di consegnarmelo mi fa: “Lei ha già consultato un manoscritto antico, vero?”, come dire, mica farai dei danni, no? Al che rispondo che ho già avuto modo di visionarne alcuni (davvero?! e quando?). Si allontana con il tipico sorrisetto anglosassone, gentile per forza, non per vocazione.
Adesso siamo io e gli appunti presi a lezione da un certo Georgius di Moravia, ascoltando l’ancor più celebre Gisbert de Buscoducis (amen...). L’impatto è affascinante: pensare di avere tra le mani un libro di seicento anni, su cui un tizio ha studiato e sottolineato più o meno testi che ho studiato anch’io (i.e. la “Fisica” di Aristotele), su cui ha passato del tempo, ...insomma, una gran bella e strana sensazione. Ci si può perdere tra un sonoro “Machissenefrega!” e un innamorarsi perdutamente di questo tipo di ricerca...
Veniamo al lato pratico: ho fatto fatica a leggere anche solo i titoli dei capitoli. Mi sono trovato con davanti un testo manoscritto, in latino del ‘500, con a volte l’inchiostro sbiadito, a volte scritto di fretta a volte no, con caratteri che non conosco...inutile dire che mi sono concentrato sulle figure! Alcune carine, tipo un gruppo di studenti a lezione, tutti con al palandrana rossa e le scarpette nere a punta.
Che dire? Ho riconsegnato il tomo dopo 45 minuti, alquanto perplesso. Ne visionerò altri, ci ho preso gusto, così almeno rivedo la mia amica segretaria...(Ah, scusate il lungo silenzio, ma avevo troppi manoscritti da leggere...)

Wednesday, October 18, 2006

Per amor di cronaca

Per amor di cronaca vi informo sugli sviluppi della vicenda "Fast food mefitico". Dunque, pare che alcuni dipendenti del nostro central building si siano già lamentati dell'odore (ben prima di noi!), anche se immediate conseguenze non se ne vedono. Forse c'è un attimo meno puzza, ma non vedo cambiamenti (tipo una cappa per aspirare!!), mi sa che è solo un caso...
Continuerò a informarvi, questa è una faccenda che puzza...

Monday, October 16, 2006

Novità all'Hot Spot

L’Hot Spot è il locale principale del central building del nostro gruppo di residenze (un giorno vi spiegherò la struttura del campus), ed è dotato di connessione wireless per portatili. Facile immaginare quindi che sia un luogo di ritrovo centrale, sia per giocare a biliardo, sia per connettersi gratis. Recentemente si sono verificate novità all’Hot Spot, di cui devo rendere conto.
La prima, apparentemente insignificante, è che la direzione ha fatto sparire il tavolo da biliardo più grande, quello con le dimensioni del tavolo all’italiana. Motivo?...Beh, diciamo che avevano notato una leggera incongruenza tra le ore in cui il avolo era impegnato e gli introiti prodotti dal tavolo stesso. Avete capito? Ovviamente è opera di noi italiani! Perché pagare 50 pence ogni partita quando bastava spostare il fondo delle buche laterali per recuperare gratis tutte le palline? Già, perché? Per un po’ siamo riusciti a non farci beccare, ma sembra, anche se non ne siamo sicuri, che uno di noi soliti ignoti sia stato visto dai guardiani del campus, e il tavolo è sparito magicamente due giorni dopo...miracolo!
Ovviamente avevamo conivolto altra gente in questo esproprio studentesco, quindi non si sa effettivamente chi sia stato visto: è cmq motivo di riflessione che solo quelli che frequentano di più il gruppo di italiani fossero a conoscenza di questo trucco...
Tavolo eliminato a parte, con la conseguenza di giocare un po’ meno a biliardo (sopravviveremo!), l’Hot Spot restava un luogo piacevole, di incontri anche fino a tardi, se, per esempio, non si aveva voglia di andare al pub al piano di sotto (ebbene sì, per chi non lo sapesse, abbiamo un pub all’interno del quartiere delle residenze...e bravi i britannici!). Fino a tre giorni fa.
Una settimana fa erano apparsi alcuni manifesti,a nnunciando l’imminente apertura di un bar all’Hot Spot, e noi eravamo solo felici, visto che fa sempre comodo avere un posto che ti fa da mangiare fino a tardi (tipo dopo aver bevuto...), e poi un po’ tutti hanno il gusto perverso di provare nuove schifezze culinarie.
Comunque, eravamo tutti lì in dolce attesa di questo nuovo locale, e avremmo fatto meglio a lasciar perdere. Il nuovo “meraviglioso” locale è un fast food gestito da indiani (notoriamente, la cucina indiana è leggerina...), che offre “cucina” da tutto il mondo (esempio: pizza, burgers, kebap e pollo al curry...), ai soliti prezzi folli inglesi, ma con un optional in più, un meraviglioso aroma di aglio bruciato che ormai ha stabilmente invaso l’Hot Spot.
Abbiamo ormai tempi di permanenza all’Hot Spot paragonabili a quelli della manutenzione dei reattori nucleari: se sosti più di 15 minuti (non sto scherzando) ti si appiccica addosso un odore nauseabondo, che, diciamo così, quando vai in giro vieni preceduto dalla tua fama! Quest’odore di aglio infido si sente da vari metri fuori dal locale, che stranamente è quasi sempre vuoto adesso. Chissà perché? Ci siamo un po’ tutti domandati chi cacchio gliel’ha fatto fare di impuzzolentire l’Hot Spot, e vorremmo anche sapere se non si sono accorti della cretinata fatta. Passi per il nuovo fast food (tra l’altro, il cheeseburger non è male), ma un paio di cappe aspiratrici no? Una ventolina, una paratia tra cucina e Hot Spot, insomma, siamo nel XXI secolo, ci sarà ben qcs per impedirci di morire asfissiati! Chi ci vede per la prima volta può ben immaginare che si tratti di una riunione dell’Anti-Dracula Society, vista la puzza d’aglio dovunque...
Vedremo che si può fare, magari ci lamentiamo in direzione. Certo non vale la pena interlocuire con il buffo figuro padrone del nuovo meraviglioso esercizio offerto a noi studenti: avete presente il classico omino piccoletto, cicciottello, con la faccetta furba di chi sta riciclando denaro sporco (e lo sa) ma si maschera dietro il suo aspetto apparentemente sciatto? Ecco, questo tizio si aggira tutto il giorno in questo odore: spero che la sua moglie/compagna lavori lì, altrimenti sai che piacere quando il suo bell’ometto torna a casa profumato come un bouquet d’aglio? Un giorno si è portato al lavoro anche il figlio...povera creatura!Ho cmq scoperto con certezza due cose: 1) io medesimo non sono un vampiro (vi confesso che ci avevo pensato e sperato); 2) qui nelle nostre residenze non ci sono vampiri. Bene. Allora perché tutto questo aglio?!

Wednesday, October 11, 2006

Epilogo del post precedente

Dalle voci del giorno dopo sembra, e dico sembra, che l'allarme sia stato fatto scattare da una gentile fanciulla del secondo piano che fumava in cucina. La colpa non è fumare (lo fanno tutti), è far scattare l'allarme...
E poi essere buttati giù dal letto per una cretinata del genere!
Ancora non sappiamo chi sia. La ricerca è aperta!

Prova antincendio: ore 3.30 am

Ah già! Dimenticavo la passione tutta nordica per le misure di sicurezza!
Per ora l’avevo scampata, ma per mia superficialità non calcolavo che prima o poi sarebbe toccato anche al mio block questo simpatico rituale. Il confrono con l’Italia è allarmante: qui è tutto sicurissimo, fanno il possibile per evitare qualsiasi tipo di denuncia da parte di cittadini, consumatori, turisti, semplici passanti... Non dico che siano tutti a disposizione, dico solo che fanno il possibile per evitare problemi. Tipo: ieri ero alle macchinette in uni, mi prendo una Pepsi per solo 1 pound (...), mi chino per raccoglierla, e leggo vicino alla base delle macchinette: «Open bottle with care». Però! Una bottiglia agitata fa schiuma, si sa, ma qui lo dicono, mica che arriva il genio di turno che si sporca tutto e poi vuole che gli paghino la lavanderia.
Comunque, ieri sera ho il buon proposito di andare a letto un po’ prima del solito, così all’1 sono già abbondantemente a letto. Non riesco a prendere gran sonno, complice un raffreddore che se va avanti così mi passerà a marzo... Va beh, ma questi sono fatti miei. Appena chiudo occhio, sento una leggera ma insistente sirena antincendio che muggisce in corridoio. Faccio finta di niente, almeno ci provo. Quando sento i miei flatmates che si vestono e cominciano a uscire, capisco che forse forse dovrei fare lo stesso anch’io. D’altronde, meglio fidarsi, loro sanno di cosa si tratta.
Esco in pigiama e giacca nel dolce freschino della notte autunnale di Aberdeen, e siamo tutti gli inquilini del nostro block fuori, con una faccia mista preoccupata (ci sarà davvero un incendio?!) mista addormentata. Una tipa è costretta a uscire insieme al tipo con cui diciamo “si stava facendo compagnia”...potete immaginare la loro faccia, magari erano sul più bello. Alcuni si presentano quasi nudi, letteralmente schizzati fuori dal letto; altri invece vestiti di tutto punto, che ti vien da chiedere se sapeva della prova: come han fatto a vestirsi in 30 secondi??
Siamo tutti lì schierati per un 5-10 minuti quando arriva il responsabile di questa fondamentale quanto spettacolare prova di organizzazione: uno scozzese alto e ben piantato, voce da arringatore di folle, un bel giubbottino catarifrangente che gli dona un sacco, e lui sembra saperlo. E’ lì che mi si pavoneggia nel suo giubbottino, e a una certa ci fa il discorsone. Sicurezza, prontezza di riflessi, può salvarvi al vita, pensateci...più o meno il succo è questo. Poi ci fa, il simpaticone: «Con il tempo che ci avete messo, sareste tutti morti adesso», con particolare enfasi, vi confesso di dubbio gusto, sull’ultima parola, “dead”.
E poi tutti a letto, come se niente fosse. Mi sono riaddormentato alle cinque, con lezioni la mattina. Oggi sono tonico come poche altre volte.
Ora, mi domando: perché le prove notturne, visto che la possibilità che scoppi un incendio mentre sono tutti a letto è remota? Non è meglio farle alle quattro di pomeriggio? Scommetto che usciamo anche in meno tempo. E poi se c’è un incendio davvero, vedi che siam tutti fuori in un fiat...Lamentele a parte, sono cose utili, almeno se capiterà (sperem de no) l’avremo già fatto. Certo che appena usciti, mezzi addormentati, al freddo, molti avranno pensato come me: «Speriamo almeno che l’incendio ci sia davvero!». Ma nessuno l’ha detto.

Sunday, October 08, 2006

Scozia-Francia 1-0


Per chi non lo sapesse, e penso siano molti, ieri alle 5 pm a Glasgow ha avuto luogo una partita che normalmente non avrei neanche preso in considrazione, ma che questa volta era quasi fondamentale. Ebbene, si tratta di Scozia-Francia, come avrete già brillantemente intuito.
Abbiamo assistito alla partita nel pub del nostro gruppo di residenze, decisamente pieno e decisamente schierato... Da una parte scozzesi e simpatizzanti vari (molti), dall’altra francesi e simpatizzanti vari (pochini, direi...).
Un breve antefatto: la nazionale scozzese fa ovviamente un po’ pena, sembra una squadra di rugby a cui hanno insegnato a non usare le mani ma i piedi. L’impressione è un po’ quella... Cmq nulla da dire sulla grinta e l’impegno, sono scozzesi, non fichetti come gli inglesi! Morale, i miei amici scozzzesi qui spettavano questa partita da almeno dieci giorni, vuoi perché pensano che la Francia sia la vera vincitrice dei mondiali (ma andatevene aff...), vuoi perché la Scozia quest’anno sta giocando discretamente (dopo ieri è in testa al girone con 12 punti), e sperano di andare all’Europeo. Insomma, l’attesa era alle stelle, questi qua ci speravano davvero, era una settimana che si caricavano psicologicamente, e io non volevo rompere l’incantesimo, e li assicuravo che avrebbero vinto. Sembrava un’allucinazione collettiva...
Questo l’antefatto. ovviamente la Francia è di un altro pianeta, molto più forte come squadra e come singoli: ma la Scozia riesce a vincere facendo il classico singolo tiro in porta. (E poi gli inglesi si lamentano del “gioco all’italiana”...ma andatevene...). 1-0. L’impossibile si avvera, e gli scozzesi e i loro simpatizzanti (me compreso, ça va sans dire...) riscuotono con gli interessi la loro cieca e immotivata fiducia nella Scozia: se sei sicuro, o almeno fai vedere di esserlo, di una cosa difficilmente realizzabile, quando accade te la puoi tirare discretamente... E così è successo. poveri francesi, tanto sicuri, tanto sbeffeggiati.
Sempre in simpatia cmq, niente di che, alla fine ci si conosce quasi tutti qui, il tifo è rimasto sempre entro limiti accettabili. Personalmente avevo scommesso una birra con una graziosa fanciulla francese, Vanida, sulla vittoria della Scozia: temo toccherà riscuotere...Subito dopo la vittoria della Scozia io e gli altri italiani che ovviamente parteggiavano per la Scozia abbiamo avuto per un attimo un pensiero in testa: è conveniente tifare Sczoai quando le ragazze più carine che conosciamo sono francesi? Indovinate la risposta... Poo po po po po pooo po! Poo po po po po pooo po!

Thursday, October 05, 2006

Francesi e Francesi

Chiarisco subito il titolo: Francesi (uomini) e Francesi (donne).
Penso, ma non vorrei sbagliarmi, che qualche divinità sia stata particolarmente ingenerosa nei confronti dei nostri “cugini”, distribuendo tra loro degli uomini che non sono neanche lontanamente all’altezza delle loro donne.
Ahia...argomento rishioso! Ho voluto iniziare chiarendo subito tutto, per non essere frainteso, ma è un po’ che ho questa convinzione in testa, quindi vi espongo il mio punto di vista.
I francesi che ho conosciuto qui non sono gli unici che ho incontrato in tutta la mia vita, diciamo che quello che scrivo vale anche per esperienze passate.
Partiamo dalle fanciulle: generalmente eleganti, socievoli, con quello splendido accento francese in bocca che non fa che aumentarne il fascino. Consapevoli di essere “francesi” – mai dimenticare che si tratta pur sempre di “francesi”! – , ma con un fare che fa dimenticare il loro innato senso di superiorità.
Veniamo ora ai maschietti: tendenzialmente estremi, sia nella “disobbidienza politica” – sono-francese-sono-comunista...più o meno! – sia, che so, nello sport. Esempio: abbiamo un tavolo da ping pong qui al campus. E’ mai possibile che un buffo transalpino ha sentito il bisogno di presentarsi in scarpe da ginnastica da running estremo, calzoncini inguinali atti a non impacciare il muscolo in estensione, magliettina attillata dry-fit per drenare il sudore, fascetta per i capelli on identico scopo verso il sudore del lobo frontale...tutto questo solo per fare due tiri a ping pong, con dall’altra parte un certo Lloyd, un simpatico inglese che giocava con una birra in mano!!
Altre caratteristiche: sguardo spento, tendenzialmente succube, di chi dice: «Tanto qua ci pensano le nostre donne». Ineleganza più totale.
Punto a favore: bevono davvero molto, schifezze...tipo vino francese, ma bevono. Conosco un tipo che generalmente gira con giubba militare con bandiera tedesca e kefiah che si è bevuto una bottiglia di vino spagnolo comprata al Lidl (e già questo è tanto...) da solo.
Va bene, va bene, getto la maschera! Questo post è provocatorio. Ho preso dei casi singoli per farne una legge generale, ma che ci volete fare? Non posso non notare che ciò che è perfetto in una donna, in Francia è ridicolo in un uomo...e non temo smentite! Già detto dell’accento, pensiamo ai nomi: se una mi dice che si chiama Sophie, beh, certo non mi lamento. Se uno mi dice che si chiama Pascual, Robert, Jean-Marie, Philippe, Blaise, anche Jean-Philippe è straordinario...permettete che storca un po’ il naso!!Va beh, tanto sono di parte e si sa. Ah, tra parentesi, sembra che qui nessun ragazzo francese si interessi di calcio, chissà come mai?! (E andiamo!!)

"Bbq" sulla spiaggia


Ho visto il mare del Nord! Mi direte, sai che roba, è lì da un sacco di tempo; lo so, ma è il primo mare freddo che vedo, e in effetti è molto diverso dal nostro di mare. Forse la differenza la mettiamo noi, pensando che qui a settembre è molto più freddo che in molte parti d’Italia a gennaio.
Cmq, la spiaggia di Aberdeen è molto bella, se solo fossero a climi caldi sarebbe un ottimo luogo turistico. E’ infatti una spiaggia molto lungha, regolare, sabbiosa, il mare non è profondo subito, in più con alle spalle un bellissimo parco, con campi da golf annessi, che la separa dalla città. Non male davvero.
Al mare sembrava di essere in Norvegia: tante piccole casette bianche sulla sabbia vicino al mare, il mare grigio per il freddo, quando ci sono stato (30 settembre) una gran bella giornata, ma la classica luce fredda che illumina senza scaldare. Il sole sembrava una grossa lampadina...
Ci siamo sistemati vicino all’estuario di un piccolo fiume che passa vicino alle nostre residenze universitarie, a pochi metri dal mare, protetti dal vento.
In origine, come recita diligentemente il mio titolo, avremmo dovuto fare un barbeque sulla spiaggia: bene, se in Italia chiunque, compresa la Canalis, mi invitasse a un barbeque sulla spiaggia il 30 settembre, per lo meno lo guarderei strano, e mi chiederei se per caso si è reso conto di essere in autunno. Perché in autunno fa freddo!
A noi invece è sembrata subito una grande idea! Diciamo che bisogna un po’ fare i conti con quello che si ha, se non fossimo andati quel giorno, capace che non avremmo avuto più occasione. Aggiungo anche la considerazione che i più “terroni” del guppo eravamo io e alcuni veneti...quindi potete immaginare la naturale resistenza la freddo dei “popoli del nord”!
Morale, deciso, organizzato, partiti. Alt, un attimo. Capitolo organizzazione: quando si ha a che fare con gente della stessa nazionalità, che so, tutti italiani per esempio, si trova sempre quello più organizzato, e quello meno, ma, in generale, si riconosce una piccola familiarità diciamo “genetica” in quello che si fa. Qui, tra tutte le nazionalità disponibili...a chi hanno lasciato l’organizzazione del barbeque? A noi italiani.
Avete capito come è andata a finire. Un tedesco avrebbe fatto trentadue sopralluoghi nei giorni prima, avrebbe comprato griglia e carbonella una settimana prima, compilato una lista dei partecipanti, assegnato parti della spesa a ciascuno, stampato una mappa del percorso...in parole povere, si sarebbe organizzato, magari troppo, ma si sarebbe organizzato. Noi no.
Figurati! Siamo italiani, noi! Siamo partiti senza niente da mangiare, niente griglia, niente carbonella, indecisi anche su dove poter comprare tutto, confidando sul fatto che sarebbe venuto uno che aveva detto che gli avevano detto che c’era un posto dove comprare griglie “usa e getta”(?!). Va da sé che questo tizio, personalmente non so neanche chi sia, non si è fatto vivo. Partiti tipo armata Brancaleone, abbiamo saccheggiato un Lidl, principalmente roba da bere e dolcetti anglosassoni orridi, e ci siamo diretti al lido.Eravamo un bel po’, la giornata è stata piacevole, interrotta dalla glaciazione subito seguita al tramonto... Nessuno sembra aver patito troppo l’assenza di organizzazione. Proprio vero però che di “italiani” ci siamo solo noi...

Tuesday, October 03, 2006

Sondaggio Petter


Petter è un mio amico svedese. Voglio proporre un sondaggio tra i miei affezionati lettori (soprattutto tra le affezionate lettrici ;-)) su cosa pensate di lui, visto che è interessato alle ragazze italiane quanto me alle svedesi...quindi molto!
Studia storia, 22 anni, ottima cultura, elegante, raffinato (è di sicuro il più elegante giocatore di ping pong di tutto il campus), buona compagnia, simpatico. Beh, per queste impressioni dovete fidarvi di me. Direttamente, per farvi un’idea, penso che basti la foto. D’accordo, lo so, sono un gran fotografo, ma anche lui ci ha messo del suo!
Ovviamente lui non sa nulla di questa cosa, nel caso vada particolarmente bene gli riferirò i risultati.Rispondete numerose!

Mary, the house cleaner...più un bonus


Ogni due settimane un appartamento riceve la visita dell’house cleaner. Oggi è toccato a noi. La nostra tizia si chiama Mary, ed è un simpatico concentrato di britannicità. Una vecchietta sui 60 e passa anni, è già nonna, mi ha anche fatto vedere le foto dei quattro nipotini, alta quasi niente, porta elegantemente i suoi anni, insieme a una buffa cotonatura, da noi molto demodé, che la fa un caschetto bianco in testa.
Si era già presentata giorni fa, per assicurarsi di non trovare un disastro quando le sarebbe toccato di pulire casa nostra. E’ stata fortunata, perché fino a ieri sera (la sera del 2 ottobre) il nostro flat era quasi invivibile... Qui hanno una bella parola gergale, slag (da pronunciarsi più o meno “slèèg”), per indicare brevemente quello che c’era nel nostro appartamento. Tecnicamente, slag è lo scarto dell’estrazione dei metalli: di fatto, potrei renderlo con “bordello”, “casino”, con un’italiano un po’ antiquato ma sempre efficace, “soqquadro”, con aggiunta una nota di sporco.
Così ieri notte abbiamo dedicato due ore, dell’1 alle 3, alla pre-pulizia: infatti, appena abbiamo conosciuto Mary, questa ci ha subito tenuto a precisare, con il classico sorriso britannico che non mantiene nulla di quanto promette, che lei non avrebbe fatto questo, e nemmeno questo e questo, e...ah, neanche questo! Così la casa va presentata praticamente già pulita, di modo che Mary possa passare lo straccio e basta. Va beh.
Sta di fatto che cinque uomini abituati fino a due secondi prima a lasciare tutto in giro, a lasciare stabilmente le riviste per terra, a lavare i piatti solo quando sono finiti tutti...insomma, cinque uomini abituati a comportarsi da uomini, si sono trasformati in casalinghe-per-una-notte. Alla fine il lavoro non era male, e l’ottima Mary non ha avuto nulla da dire.
E’ stato un bel momento di aggregazione: avevano bevuto un po’ (ma va? in Scozia?) e la serata è finita con lettura di passi scelti della Bibbia recitati in piedi sul tavolo della cucina...
Questo strazio di pulizia arriva ogni due settimane, oggi è stata la prima volta: sempre meglio di altri tipi di accomodation, con la tizia che arriva alle 8 di mattina per fare il cambio delle lenzuola! E buona pace per chi sta ancora dormendo!
Non c’entra nulla, ma è successo oggi, quindi vi aggiorno adesso. Sono in fase “apprendiamo l’inglese”, quindi cerco di farmi spiegare tutte le parole che sento ma non capisco. All’inizio di una lezione di filosofia faccio al mio amico americano John: «Senti un po’, ma jerk cosa significa?». Lo vedo sbiancare, ma non ci faccio molto caso. E insisto, nella mia innocenza: «No perché, sai, ho visto un film in cui una dice arrabbiata: “Non posso studiare se voi jerk off all night”». A quel punto John si guarda intorno con lo sguardo di chi ha una reputazione che non vuole mettere in pericolo, e mi fa, a bassissima voce: «Jerk off means to masturbate». Ok. Bene. Penso e spero che non ci abbia sentito nessuno, ma a volte la curiosità non è buona consigliera. E’ come se in Italia qualcuno mi avesse chiesto in un’aula, come se niente fosse: «Scusa, ma cosa vuol dire masturbarsi?». Povero John...La prossima volta, un bel dizionario!

Sunday, October 01, 2006

Nota ai lettori

Leggendo i post pubblicati oggi (varo ufficiale!!) alcune connessioni temporali vi sembreranno strane...poco male, il motivo è che ho scritto giorno per giorno, e non potevo correggere tutto. Ciao!

Il dio della cucina

Non poteva mancare un post sulla cucina inglese!
Sono giunto alla drammatica conclusione che gli inglesi devono aver litigato in tempi remoti con il dio della cucina, che da quel momento ha negato loro la sua protezione. Sarebbe facile dire che qui non si mangia, ma ci si nutre. Ma in effetti è così.
Mi si può obiettare che non conosco ancora abbastanza la Scozia per trarre questa mitologica conclusione, ma il mito della caduta della cucina inglese in tempi remoti può arrivare a spiegare attraverso immagini quello che la ragione trova a sé estraneo. Non vi sono infatti motivi razionali per il riso che ho gustato ieri sera. Non faccio tragedie, era mangiabile, ma era, diciamo, un attimo troppo cotto. Già vi sento: «Sai che novità! In Gran Bretagna si mangia male!»
Lo so, lo so, ma dall’alto della mia scoperta dell’acqua calda vi assicuro che sono cose da provare. ieri in mensa c’era un russo ch si lamentava della cucina. Adesso, non per fare lo sciovinista, ma che diavolo si mangia in Russia??
Non è colpa degli inglesi. Ho deciso di parteggiare per loro da questo punto di vista. Dico, è colpa o merito dell’Italia se siamo “il paese del sole”? Direi di no, così come non è colpa degli inglesi se si mangia male – ops!...ci si nutre.
E’ colpa dei loro avi, che non hanno saputo ingraziarsi il dio della cucina, che ha spostato altrove i suoi favori. Tipo da noi!
Mi rifiuto di pensare infatti che un tale masochismo sia volontario. Deve esserci una causa che non dipende da loro. Prendo l’impegno di indagare le antiche saghe celtiche alla ricerca di questo episodio ancora misconosciuto della tradizione inglese, alla ricerca della radice dei loro mali! Ovviamente il tema non è chiuso qui. Voglio assaggiare prima o poi il famoso Haggis, una specie di palle di interiora di pecora (almeno penso), mi sa che meriterà tre o quattro post...Per ora, posso citare Han Solo in Star Wars - Episodio IV: «Una cosa è sicura, diventeremo tutti magrissimi!»

Può suggerire un velo di tristezza...


Dice la guida del Touring riguardo Aberdeen: «Il colore grigio dei suoi edifici in granito può suggerire persino un velo di tristezza in certe giornate di pioggia». Aggiunge poi che la città «non ha certo una primaria vocazione turistica». Però! Cominciamo bene!
Sono già stato in città un paio di volte. I dormitori dell’università sono a nord, al capolinea dell’autobus 20, il campus è nella Old Aberdeen, vecchio centro della città. Il centro della nuova Aberdeen si trova a circa mezz’ora di strada a piedi. In effetti la città la si gira in poco tempo, e non c’è nulla di assolutamente rilevante. Capisco che un turista non ci passi, e una persona normale ci passi per caso.
L’atmosfera è però affascinante, per lo meno per uno non abituato a questo tipo di architettura. Un paio di ragazzi di Aberdeen hanno ammesso che la città è un po’ triste per chi ci vive, ma lascio a chi ha questo privilegio il decidere. Io la guardo da turista – turista disperso, d’accordo, ma sempre turista.
E’ diffcile stabilire l’età dei palazzi: il campus dell’università nei suoi edifici principali risale al 1500, quindi anticaglia vera. Lo stile generale delle costruzioni tende a rispecchiare il tipico gotico inglese, fino a edifici dell’inizio Novecento. L’impressione generale che se ne ricava è quindi quella di una città più vecchia di quello che in realtà è. Soprattutto la Old Aberdeen regala scorci tipicamente inglesi: muretti di sassi che costeggiano le strade, basse villette in pietra con verdissimi giardinetti, parchi tenuti alla perfezione, ciottoli invece dell’asfalto, chise gotiche che spuntano dietro ogni angolo. Nulla di eccezionale, ma a volte l’eccezionalità è anche attributo di uno scenario squisitamente “tipico”. In questo Aberdeen mi piace.
Oggi è il terzo giorno di “quasi-sole” – il quarto giorno da che sono arrivato. Di sole vero mi sa che non se ne parla... Le case tendono ad avere il colore del cielo –varie tonalità di grigio–, il che se ci si pensa è un po’ strano: è come se nel sud Italia il cielo fosse bianco, o in Liguria rosso chiaro-giallino-verdino... Magari la scelta del colore delle case ha un senso preciso, che so, «facciamole tutte grigie, così si confondono!», oppure «giallo è troppo allegro, stona con il bel grigio del cielo». Cercherò di saperne di più...La Scozia è verde e grigia, non penso di temere smentite in questo. Il verde motiva un po’ il colore del mio blog, anche se non sono in Irlanda!

Questione di erre...

Sul volo da Londra per Aberdeen ho notato la prima differenza tra inglesi e scozzesi. Ovviamente ce ne sono molte, che devo ancora scoprire, ma ho un criterio che penso sia infallibile per capire da dove viene la persona con cui si sta parlando. Basta farle chiedere scusa...
Seduta di fianco a me c’era una donna, di età imprecisata, comunque non sopra i quaranta (almeno spero per lei, altrimenti li porta davvero male!), che ha cominciato, molto gentilmente devo dire, a informarsi su che cosa facessi su un volo per la Scozia, visto che secondo lei chiaramente non ero scozzese. Si vede così tanto?
Ha esordito dicendomi: «Who atfr werdfito fgaret nemesdti?» O meglio, questo è quello che ho capito io. Troppo spesso gli inglesi non capiscono che esiste al mondo qualcuno che non parla la loro lingua come se avesse vissuto tutta la vita da loro.. La mia interlocutrice ha rallentato e chiarito il suo inglese dopo che mi ha visto alzare le braccia in segno di resa, e confessarle la mia nazionalità. Solo allora mi ha cofessato che aveva capito non fossi inglese. Ovviamente non ho avuto il coraggio di chiederle: «Visto che l’avevi capito, gentilissimo autoctono, perché non mi hai parlato in modo comprensibile??»
Parliamo per un po’, lei mi si dilunga sul fantastico (!!) concerto di Robbie Williams cui ha assistito a Londra, e che era la ragione del suo viaggio nella capitale. Trovo che il buon Ringhio Gattuso ha lasciato un ottimo ricordo di sé in Scozia, poiché uno dei primi italiani che le viene in mente è proprio il giocatore del Milan. Scopro che forse forse conosco più località turistiche scozzesi io di lei: non ha saputo indicarmi una sola località interessante che non fosse sulla guida del Touring. Pazienza, mi dico, tanto anch’io sono di Milano e non ho mai visitato il Cenacolo di Leonardo...
Ma veniamo alla questione della ‘erre’. Uno stewart della British si rivolge a me con un mellifluo ed elegantissimo “sorry” per chiedermi cosa volessi bere. Quasi contemporanemente la mia scozzese preferita (allora lo era, visto che ne conoscevo solo una) mi trapana il timpano con un sonoro “soRRy”, che non poteva non farsi notare.
Gli scozzesi in genere hanno un accento particolare. Consiglio la visione in lingua originale di “Braveheart” per farsi un’idea di quello che voglio dire. Comunque, se tutto il film risultasse strazievole...anche cinque minuti bastano.
Scrivo la mattina del mio quarto giorno, non posso certo dire di aver già nell’orecchio il dialetto scozzese, anche perché uno dei miei compagni di appartamento, scozzese doc – è di Edimburgo–, mi ha confessato che a volte fa fatica a capire la gente di Aberdeen. Se fa fatica lui...Scendo dall’aereo con in mano un saldo criterio di divisione tra inglesi e scozzesi, sperando che sia valido, e che mi possa servire in futuro. Basta farli scusare. Questione di ‘erre’...

Scusate il ritardo...

Ciao a a tutti i miei lettori! Sono contento di aver ricevuto visite anche senza aver scritto nulla.
Scusate il ritardo, dovuto non a mia volonta', ma ai tempi della burocrazia universitaria per garantirmi un accesso a internet, e alla mia salute (o meglio...al maledetto clima scozzese!) che mi ha messo fuori combattimento per quattro giorni.
Dovrei inaugurare il tutto in questi giorni. Continuate a visitarmi, almeno ci sara' qcs da leggere!
Scusate il ritardo...